LAURA CAPUOZZO

Anish Kapoor. Tra reale e irreale

La mostra di Anish Kapoor a Palazzo Strozzi inaugura durante l’Art Week fiorentina, una settimana costellata di eventi dedicati all’arte contemporanea.
L’arte pubblica diventa un elemento identitario della poetica dell’artista e dei luoghi stessi.

L’umanesimo viene messo in discussione così come le certezze dell’uomo e della donna della nostra epoca proprio attraverso il dialogo dei lavori di Kapoor con il Palazzo stesso, che vanno oltre la abusata definizione di site specific.

Il cortile del Palazzo diventa infatti una piazza aperta per consentire, nelle intenzioni del mecenate che la ospita, di aprirsi ed invitare la cittadinanza ad entrare nel mondo di Kapoor.

Il catalogo – dichiara Arturo Galansino, curatore della Mostra, sarà disponibile solo a Novembre per volontà del Maestro Kapoor di dare opportuno risalto alle foto delle sue opere in mostra.

Kapoor ci invita ad esplorare il territorio dell’inverosimile, un mondo in cui i confini tra realtà e finzione si dissolvono. In una epoca, la nostra, in cui tali confini sono messi in discussione dalla tecnologia e dall’ai, la mostra risponde alla volontà primaria farci riflettere su questi aspetti ma anche cerca di suscitare curiosità e desiderio di conoscenza soprattutto nei giovani adulti di domani.

Riflessioni e pratiche che fanno eco alle sperimentazioni estreme della Body Art e delle performance degli anni ’70, all’invasione della tecnologia sul corpo e sull’ecosistema, da Marina Abramović, precedente ospite di un’altra grande mostra di Palazzo Strozzi, agli interventi biotech di Sterlac ed Eduardo Kac.
“La carne, la materia organica, il corpo e il sangue sono temi ricorrenti e fondamentali nella ricerca dell’artista” ed infatti un’intera sala della mostra è dedicata ad opere che mostrano “una intimità sventrata e devastata in una dimensione entropica e abietta del corpo.
La grande scultura in acciaio e resina A Blackish Fluid Excavation (Scavo con fluido nerastro, 2018) evoca un incavo uterino contorto che attraversa lo spazio e i sensi dello spettatore”.
Nelle opere esposte a parete Kapoor unisce invece la pittura e il silicone in opere che lo definiscono, nelle sue parole, pittore e scultore, dando origine a forme fluide che ci appaiono come masse viscerali, che sembrano pulsare di “vita propria” e che mettono in evidenza un altro tema centrale della sua ricerca, il rapporto tra soggetto ed oggetto. Le strutture che ricrea sembrano espandersi e contrarsi, restituendoci una sensazione di trasformazione continua e fluttuazione, ma anche facendoci percepire le superfici nella loro texture tattile.

Perché ha scelto di fare una mostra sull’unreal?
Definisco il clima in cui viviamo oggi di “sospetto culturale”, quindi untrue/unreal è per me una costante, senza la mano di qualcuno che ci dice cosa, come e quando fare qualcosa ci sentiamo perduti, non abbiamo fiducia.”

Il titolo della mostra riprende ciò: “non sappiamo cosa ci sia prima dell’inizio e nemmeno cosa ci sia dopo la fine e questo aspetto della disperazione della nostra condizione umana è ciò che volevo mettere in mostra. Nonostante tutto questo, penso sia importante restituire ai giovani la fiducia nella cultura.”

“Una brutta poesia è una poesia che svanisce nel significato”, cita Paul Valery per esprimere che tutta la grande arte si trova ‘in the middle’ rispetto al significato ed a ciò che non ne ha, e la sua ricerca si colloca proprio in questo spazio tra sense e nonsense e nella poetica degli oggetti, che a volte possono anche essere vuoti, ma pieni di senso.
Materialità e immaterialità che ritroviamo nel rapporto tra la dimensione degli oggetti e lo spazio della sala ed in monocrome roluzionar Non-Object Black, un “non-oggetto” in grado di assorbire il nero al 99,9% ma spingendoci anche nella luce.
Il Rinascimento si basa sulla scoperta della Prospettiva e del Drappeggio ma una piega è il segno dell’essere umano, per cui da anni lavoro con un materiale che è definito il più nero dell’universo e che, messo su una piega, la nasconde e mi permette di portare il visibile all’invisibile e mettere in scena la finzione tra il ruolo dell’oggetto e l’oggetto stesso.
La volontà di dissolvere il visibile nella oscurità (Gatering Cloud) mette in risalto l’importanza del nostro sguardo. Proponendo forme concave e pigmentate in grado di esprimere una profonda connotazione di come viviamo la “realtà”.
Cosa ne pensa della democraticità dell’intelligenza artificiale?
“È una questione complessa ma credo che l’Ai sia oggi associata maggiormente al capitalismo rispetto che agli individui. Se l’arte viene dalla riflessione sul mondo da parte dell’uomo, temo che l’Ai se ne stia impossessato ed io sono molto sospettoso a riguardo.”

Laura Capuozzo

Pubblicato da lauracapuozzo

Curatrice e critica d'arte - ricercatrice culturale e docente Il mio lavoro e la mia ricerca si concentrano sulle relazioni tra diverse forme artistiche contemporanee e i loro rapporti con le tecnologie emergenti, dall’impatto dei media digitali sull’attività artistica alle arti "biotech".