L’ordinarietà della bellezza. La bellezza dell’ordinario.
Intervento critico di presentazione alla mostra
Uno fra i caratteri principali di questa mostra, sia per quanto riguarda i contenuti trattati, sia per quel
che concerne il carattere e lo stile della rappresentazione, è la visione realistica che sottende le opere
esposte.
Di fronte alla raffigurazione fedele di un paesaggio, siamo spesso portati a fare due tipi di
osservazioni: di un dipinto particolarmente rispondente al reale diciamo che esso “Sembra una
fotografia”, mentre di una fotografia particolarmente suggestiva, diciamo che essa “Sembra un
quadro”, cogliendone un’intenzione poetica soggettiva.
In questi casi ci interroghiamo sull’espressione artistica e sull’abilità` tecnica dell’autore, sulla
contrapposizione tra esemplare unico e riproduzione, le opere di Lorenzo Mesini e Paolo Pierotti
stimolano invece una diversa interpretazione del realismo pittorico e fotografico.
Di fatto, l’aggettivo realistico, ormai abusato e consumato dall’uso, non categorizza le opere, ci aiuta
solo a rapportarci alla loro ispirazione, per capire che gli argomenti prescelti dai due artisti emiliani,
sono quelli che la realtà quotidiana ci offre e che loro, di rimando, non interpongono alcun filtro
astratto o ideologico tra loro stessi e il mondo.
Cio` non li rende, tuttavia, dei fortunati rilevatori del visibile, parchè il loro stile aderisce al vero non
senza profondità e indipendenza.
Per Mesini, è il suo modo di vedere il mondo e l’arte, la presentazione diretta degli aspetti piu` comuni
degli oggetti e dei luoghi, è la sua maniera di esprimersi, la sua anima franca.
Pertanto, l’immediatezza rappresentativa delle opere non si esaurisce nella parola “realismo”, in
quanto il suo, di realismo, non si manifesta nell’imitazione materiale del mondo e delle cose, dei
soggetti; egli non segue e non ci ripropone in modo prescrittivo ne` troppo puntuale le forme della
natura che abbiamo di fronte, ma ce le restituisce sotto una particolare luce, naturale ed interiore,
che le deforma, rivelandoci la sua personale intuizione estetica. Per questo, l’osservanza scrupolosa di
quelle forme si unisce alla libertà d’interpretazione, permettendogli di raggiungere un forte grado di
intimità con cio` che nei suoi occhi si riflette.
I paesaggi, non sono quindi copie fotografiche dell’ordinarietà ritratta, ma vivaci creazioni artistiche.
E` questo il primo elemento dell’arte di Mesini dal quale affiorano tutti gli altri… Poichè, insieme
all’abilità nel ritrarre con precisione gli aspetti della realtà, egli possiede anche quella di farlo con
incisività espressiva, e per questo le sue opere si allontanano dal fotografismo rivelando profonda
consapevolezza del linguaggio e dei mezzi.
Essi consistono nell’istantaneità e luminosità del colore, nella sicurezza del tratto, nella sapiente
distribuzione delle luci e delle ombre.
Osservando i dipinti, abbiamo la sensazione di trovarci realmente di fronte a quell’albero, sotto quella
finestra, di camminare lungo quella strada: il pittore ci invita ad entrare, ad addentarci nelle sue
visioni….
Chi guarda non puo` fare a meno di sentirsi appagato dalla scelta dei toni e dal loro contrasto e di
sentire, nella loro armonizzazione, come gli scorci e i panorami siano messi in evidenza da un sapiente
cromatismo e da segni precisi e al contempo vibranti; un linguaggio ricco di spontaneità non solo
descrittiva ma narrativa.
Infatti, Mesini, non si limita all’analisi di “cio` che è fuori”, ma intende restituirci l’atmosfera che lo ha
ispirato nella creazione.
C’e` quel senso di attesa nei suoi dipinti, come se non restassero immobili, l’artista non insiste troppo
sulla loro apparenza superficiale, eppure realizza immagini di sicura unità stilistica.
La sua tecnica da corpo ad una personale visione del reale e non ad una riproduzione; egli non si
crogiola nel manierismo né nei conformismi di una pittura paesaggistica da “principianti”.
Se e` vero che il processo creativo si attua, infatti, attraverso un duplice movimento, di
interiorizzazione del mondo, che “annienta” il sensibile come tale e di esteriorizzazione dell’io, ovvero
di ri‐traduzione dall’interno verso l’esterno, l’approccio di Mesini, in sostanza, e` il medium piu` efficace
tra l’aspetto formale delle cose del mondo intuitivamente comprese e rappresentate e la loro
spiritualizzazione nell’opera.
Di qui la necessità, per l’artista, di trovare una corrispondenza tra parvenza sensibile e contenuto
spiriuale e la necessità di una relazione tra il soggetto e il mondo.
Da un lato egli, direbbe Hegel nella sua Estetica, fa per sé interiore cio` che è (la natura), ma
parimenti realizza esteriormente questo essere per sé e così, in questo sdoppiamento di se stesso
porta ad intuizione e conoscenza per sé e per gli altri cio` che e` in lui ‐ in quella che e` ‐ la libera
razionalità dell’uomo in cui l’arte ha il suo fondamento e la sua necessaria origine.
Per questi motivi, come paesaggista, come pittore delle cose del mondo, Mesini rappresenta un
esempio ammirevole di creatore al tempo stesso tradizionale e moderno.
Modernità di cui è impregnata anche l’opera di Paolo Pierotti, una sequenza di scatti in bianco e nero
che rivelano, però, tutte le sfumature cromatiche dei paesaggi ritratti.
La scelta dello scatto monocromatico, la precisione nella distribuzione dei toni insieme alla scansione
ritmica dello spazio, che si attua nella ripetizione delle linee a volte verticali, altre orizzontali, che
scandiscono il percorso dello sguardo secondo una logica grafica, lega inequivocabilmente l’artista
emiliano allo statunitense Ansel Adams, uno dei piu` celebri e celebrati fotografi di paesaggio.
La sua è infatti una fotografia intima, che nasce solo dopo che si e` creata una simbiosi tra il
sentimento del fotografo e l’anima del paesaggio in cui egli e` immerso.
Direbbe Ansel Adams: “…una grande fotografia e` la piena espressione di cio` che l’autore sente del
soggetto che sta fotografando nel senso piu` profondo; per questo e` la vera espressione di cio` che lo
stesso (fotografo) sente sulla vita nella propria complessita`”.
Al tempo stesso l’effetto surreale e morbido che i suoi scatti producono, al confine tra realismo e
astrazione, quel senso di mistero ed estasi ci riportano al contemporaneo Michael Kenna, alla sua
necessità, per dirla con le parole di Kenna, di tirar fuori gli aspetti del mondo che sono meravigliosi,
misteriosi, pieni d’ispirazione, bellissimi.
Le immagini di Pierotti appaiono, infatti, rarefatte e impalpabili; vivono prima di tutto di suggestioni e
poesia, piu` legate all’immaginazione che alla realtà. C’e` uno strano senso di solitudine, quella
incontrastata della natura, ma anche quella che richiede un certo tipo di fotografia; quella paziente
nell’attesa, nella “pre‐visualizzazione” fotografica, che si risolve nel tentativo di restituirci
l’impressione incantata dell’immagine reale e visibile.
“La fotocamera registra, crea, documenta, vede quello che l’occhio non puo` vedere – tempo
cumulativo (…) Per un fotografo il reale puo` diventare surreale, e cio` e` eccitante”. (M.Kenna)
Il massimo grado di finitezza fotografica dei paesaggi di Pierotti e` pertanto reso prezioso da una
trattazione della materia che trova nella forza del chiaroscuro i suoi toni piu` sottili e evocanti.
Le sue opere presentano al contempo una leggerezza e immediatezza della visione unite alla
consistenza plastica: abbiamo come la sensazione che quei luoghi, trasfigurati in immagini, fossero li`
da sempre, eterni ed immutabili nella loro perfezione formale. Perfezione, che investe l’occhio e lo
spirito di chi osserva, ed e` la testimonianza piu` chiara e piu` fedele della poetica dell’artista.
E dunque, l’intera composizione fotografica, che pur si spiegherebbe agevolmente sottolineando lo
schema geometrico di perfette rispondenze ed equilibri, ha il suo valore estetico non nella partizione
geometrico/matematica, ma in quel sentimento intenso di quiete ed armonia che in loro si e` fatto
immagine.
Come lo stesso Ansel Adams ha precisato: “E’ importante rendersi conto che tanto la fotografia
espressiva (o creativa) quanto quella di documentazione non sono in rapporto diretto con quello che
noi chiamiamo realta`. (…) Se lo desideriamo, possiamo simulare l’apparenza in termini di valori di
densita` riflessa, oppure possiamo restituirlo ricorrendo ad altri valori, basati sull’impatto emotivo”..
E ancora: “Molti ritengono che le mie immagini rientrino nella categoria delle “foto realistiche”,
mentre di fatto quanto offrono di reale risiede solo nella precisione dell’immagine ottica; i loro valori
sono invece decisamente “distaccati dalla realtà”. L’osservatore puo` accettarlo come realistico in
quanto l’effetto visivo puo` essere plausibile, ma se fosse possibile metterli direttamente a confronto
con i soggetti reali le differenze risulterebbero sorprendenti”.
Le foto di Pierotti fissano la bellezza del mondo con lo stupore religioso che si prova davanti alle
manifestazioni della natura, nella consapevolezza che la natura sia di per sé un fenomeno stupendo e
che cercare sempre di controllarla in qualche modo la neutralizzi… Abbandonati i preconcetti poetici,
la sua tecnica e` tanto pragmatica quanto spirituale.
Questo e` il suo realismo, non vistoso ma intimo e sublime.
La mostra “LINEEeFORME” è quindi l’occasione per riflettere sul senso della figurazione, da sempre
tesa tra concretezza ed astrazione, tra sensibile ed incorporeo.
Il senso idilliaco, questa capacità di cogliere l’immagine nella sua essenza, e il saper restituire
l’impressione d’una natura silenziosa ma mai immobile, lega i due artisti alla vera impronta poetica
della pittura italiana dell’Ottocento. Al tempo stesso, quel saper fermare il paesaggio nell’attimo, in
un unico bagno di luce, e` il filo che li unisce all’impressionismo francese.
Una lingua inedita, quella dei due artisti, che non ha ornamenti o sovrastrutture teoriche: spesso
silenziosa o contemplativa, a volte anche grave o malinconica, soprattutto di una forza originaria e di
un impulso vitale, che investe totalmente l’osservatore che vi si accosta.
La loro arte non cerca un collegamento dialettico con le correnti artistiche operanti nel nostro tempo,
ma ha inteso ritrovare il contatto con la natura intima della figurazione. La ragione del loro sforzo e`
nella riuscita di questa ricerca.
Nella consapevolezza che “la rappresentazione permette di rendere presente l’assente”, questa
mostra invita percio` ad una rilettura dell‘immagine realistica per entrare in contatto “con la sua
spiritualità e i suoi territori nascosti, i suoi substrati invisibili”.