LAURA CAPUOZZO

Riflessioni su ibrido e dintorni, tendenze e qualche caso…

Credo che l’ibridazione, intesa come confronto e appropriazione del nuovo, sia una costante del cammino dell’arte.
La ricerca di una simbiosi tra esseri umani e tecnologie, si lega oggi anche
alle innovazioni in campo medico, e può assumere, come nel caso dell’atleta
giapponese Maya Nakanishi, caratteristiche non solo funzionali ma estetiche ed emotive.

Nella pratica artistica contemporanea, tuttavia, una certa visione di ibrido,
inteso come ‘corpo meccanico’, attualmente
sembra allontanarsi dal senso profondo dell’ibridazione.
Le tecnologie hardware, lungi dall’estendere il corpo, mirano a potenziarlo. La
tecnica, in questi casi, assume ancora i contorni di ‘protesi’; pertanto,
l’ibridazione sperata, o meglio, la reale inter-sezione tra elementi viene a
mancare.
Un esempio di questa interpretazione del rapporto corpo – tecnologia, è dato
dal caso del collettivo belga CREW.
La loro ricerca artistica spazia all’interno dei concetti di immersione, illusione,
percezione del sé e livelli di coscienza che, non solo caratterizzano e
definiscono la relazione dell’uomo con il mondo, ma segnano il confine tra il
nostro corpo e l’esterno.
Nell’afferrare un oggetto, come facciamo ad esser certi di sapere dove
termina la nostra mano e inizia l’oggetto?
Il CREW analizza proprio queste percezioni, alterandole grazie all'utilizzo di
tecnologie video-immersive che ricreano ambienti virtuali, ma anche
attraverso esperimenti sulle tipologie d’esperienza cosiddette “out of the
body”;.
Il presupposto concettuale da cui il CREW parte è che, cambiando le
informazioni che il nostro cervello riceve attraverso i sensi, è possibile
modificare la percezione del sé.  Immersione, così come la definisce Eric
Joris, è” l’esperienza di essere assorbiti in maniera così totalizzante
dall’ ambiente simulato, da dimenticarsi della presenza del medium
tecnologico che ha portato all’immersione”.12

12«Into the heart of the experience. Performing arts and immersive tecnology. The case of
CREW», Talk di Eric Joris, Eventi speciali, Strozzina, 2012.

Restiamo, dunque, nell’ambito della realtà aumentata che, ricorda lo studioso Franco Torriani, è
“nello spettro delle cose”; ma che è condizionata da una visione dell’;uomo e
della tecnologia che, nonostante riprenda le idee transumaniste teorizzate da
Donna Haraway a favore di una loro un’ibridazione, non riesce ancora a
fonderli in un unico corpo.
Per questo motivo credo che, ad oggi, il senso in cui sta andando la ricerca di
questo collettivo sia anacronistico.
Perché continuare ad insistere sull’utilizzo di protesi tecnologiche per attivare
questo tipo di esperienze, se oggi si procede quasi verso l’eliminazione del
medium, a favore di tecnologie sempre meno invasive?
Come a dire: mentre la ricerca va verso l’ologramma, il CREW sperimenta
l’immersione con la telecamera! (si legga ominidirectional video)
Allo stato delle cose, che senso ha ridurre la tecnologia esclusivamente ad
‘interfaccia’ tra il corpo e la realtà, dopo che l’arte ha sperimentato,
servendosene, l’invasione stessa del corpo? (Chiari esempi ci sono stati
offerti dalle performance estreme di Sterlac come da quelle bio-telematiche di
Eduardo Kac).
Mi sembra utile, a questo proposito, azzardare un paragone con alcuni lavori
immersivi dell’artista coreana Jinsil Seo, per rilevare come l’agire all’interno di
una realtà aumentata, possa abbandonare la sua componete più
marcatamente ludica, per acquisirne una realmente esperienziale e
sensoriale.
Pur conservando quella poetica d’impronta drammaturgica che Torriani nota a
proposito della ricerca del CREW, un’installazione come nite_aura, a
differenza del progetto Terra Nova è realmente interattiva.
Lo spettatore effettivamente partecipa, tocca e, muovendosi come vuole,
riceve una risposta… In Terra Nova, invece, è alquanto passivo – anzi – in
qualche modo ‘subisce’ l’immersione nell’ambiente virtuale.
Con la stessa intensità ci si sente coinvolti da Lumibreath, la performance con
la quale Seo associa alla luce il respiro dello spettatore.
In questi casi, il processo d’immersione è totalmente a favore del visitatore,
che interagisce con l’ambiente, mentre gli elementi tecnologici (sensori ecc..) sono ‘nascosti’ e funzionali.
Per tornare al corpo: esso, più che come interfaccia, è impiegato da Jinsil Seo
come agente (l’illuminazione dell’abito si attiva grazie al respiro) e non più
come “manichino” sul quale installare e sperimentare protesi tecnologiche in
grado di portare all’immersione.
In altre parole, se per il CREW la componente tecnologica sembra essere
dominante, Jinsil Seo, dall’altro lato, la rende quasi invisibile.
Notiamo, quindi, che il rapporto del corpo con l’universo tecnologico assume
modi e significati diversi nella prassi artistica contemporanea.
Può accadere – anche – che la tecnologia ci faccia sentire letteralmente la
carne, quando si ibrida con essa, provocando una reazione emotiva
estremamente forte nello spettatore. Ancora Seo, sperimenta un libro le cui
pagine sono fatte di vari strati di carne cuciti insieme, che i visitatori possono
sfogliare. Sensori, motori e altri elementi meccanici sono utilizzati per
animare la carne, che”trema”; al contatto con lo spettatore. “Il Meatbook
presenta la simbiosi tra il meccanico e l’organico in quanto giustappone allo
stesso tempo la materialità con questi media.”13
Concetto condiviso e messo in risalto anche dai Cryobook Archives di Tagny
Duff, libri fatti di pelle animale e conservati in una sorta di freezer regolato da
un computer. Anche in questo caso, allo spettatore è permesso di interagire
con essi, aprendo l’archivio dei Cryobook e sfogliando le pagine congelate
con i guanti termici.
Tagny Duff evidenzia la costituzione organica dei libri (fatti di pelle e carta) e il
fatto che oggi, attraverso la loro digitalizzazione, non siamo più portati a
riflettere su questo aspetto wet.
Il fatto che, nell’;installazione, il libro organico sia dipendente dalla tecnologia
digitale che ne regola i parametri di conservazione, pone l’accento sulla
natura stessa del rapporto tra tecnologie e carne, e sulla loro ibridazione.
Le varie ibridazioni del vivente, con la tecnologia come con specie altre, fanno
riflettere perciò, sulla necessità di abbandonare la strada
dell’autoreferenzialità dell’;uomo nel suo rapporto con la tecnica, e auspicare la
possibilità reale di un dialogo fecondo tra antroposfera e tecnosfera, che
possa portare a considerare anche le tecnologie immersive non solo come
partner in grado di potenziare la nostra conoscenza del mondo, attraverso
l’estensione dei sensi, ma come ‘imput’ e terreno di sperimentazione di percezioni nuove.

13 «The Meatbook: Tangible and Visceral Interaction», testo di presentazione del Meatbook
al Convegno Tangible and Embedded Interaction Conference, 15-17 Febbraio 2007,
Louisiana.

Per questo credo che la ricerca artistica che procede verso l’invisibilità e la
naturalità del medium tecnologico, sia espressione dell’esigenza di non
considerare più la tecnologia come alterità o protesi, ma di assegnarle una
funzione di “sesto senso”, plasmandola sull’uomo e sul suo modo di
relazionarsi con l’esterno. Al tempo stesso, e così facendo, anche l’uomo
sperimenta la ‘contaminazione’, passando dall’utilizzare la tecnologia al
sentirla come parte di sé.
E, proprio da questa confluenza, l’ibridazione può proseguire, aprendo nuove
prospettive di relazione col mondo.

Secondo Jeremy Rifkin – oggi assisteremmo a un’impressionante accelerazione dei
processi di contaminazione che accompagnano da sempre la storia dell’uomo e che ci
impongono, una volta per tutte, di “fare i conti con l’antropocentrismo – ovvero – con
l’utilizzo dell’uomo come misura dell’universo”.14

14 Jeremy Rifkin, «La vita umana come proprietà intellettuale» in The Nation, 13/4/1998.

nota: Il presente testo è stato presentato in apertura del 3° Seminario Interno 2012 del PAV
(Parco Arte Vivente – www.parcoartevivente.it), il 14 Giugno 2012, intitolato “ARTE, BIOLOGIA E BIOINFORMATICA”,in appendice all’intervento di Franco Torriani “Un divenire a-lineare”.
Il seminario ha preso in esame soprattutto i concetti di ibrido, natura/cultura e inter-nature.
Sono intervenuti tra gli altri Claudio Cravero (curatore Art Program PAV), Massimo
Melotti (Media Center Project Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea), e
Piero Gilardi (artista e direttore artistico PAV), confrontandosi sulla questione “del
come affrontare la doppia crisi antropologica ed ecologica in cui siamo immersi e che
richiede un cambiamento ‘epocale’ sul piano culturale politico e sociale” (Piero
Gilardi).

Sitografia delle opere
· CREW http://www.crewonline.org/art/projects
· Nite_aura http://www.youtube.com/watch?v=gMNSsNlAm_k
· Terra Nova http://www.youtube.com/watch?v=h-2bWpI1WSU
· Lumibreath http://www.youtube.com/watch?v=NftfZHmMy98
· Meatbook http://meatbook.iat.sfu.ca/ http://www.youtube.com/watch?v=l-
lYWvWvFzQ
· Cryobook Archives
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=Bdnb4U7eP_k

Maya Nakanishi
Photo Credit: BuzzFeed
The telerobot Ornitorrinco by Eduardo Kac and Ed Bennett.
Photo credit: David Yox

Pubblicato da lauracapuozzo

Curatrice e critica d'arte - ricercatrice culturale e docente Il mio lavoro e la mia ricerca si concentrano sulle relazioni tra diverse forme artistiche contemporanee e i loro rapporti con le tecnologie emergenti, dall’impatto dei media digitali sull’attività artistica alle arti "biotech".