LAURA CAPUOZZO

ACCIAI E CERA, binomio di Arte II

ll titolo della mostra, oltre a palesarci il materiale privilegiato delle opere di Acciai, ci indica in primo luogo una contrapposizione: la cera, materia estremamente tenera e plasmabile è in netto contrasto con il suo cognome, l’opposizione, insomma, tra il malleabile e il rigido, tra caldo e freddo, tra il possibile e l’immutabile.
La cera è stata, per migliaia di anni, utilizzata in modi diversi: sia come materiale di appoggio per alcune tecniche artistiche (ad es. fusione a cera persa, pittura ad encausto, applicazioni in cera a fini decorativi, finiture policrome su pietra e marmo, ecc.), sia come vera e propria materia scultoria per fondere o modellare figure a tutto tondo o bassorilievi.

L’amore per questo materiale così duttile nasce per l’artista fin dalla sua prima formazione, allorchè ne scopre le infinite caratteristiche e potenzialità, non solo plastiche ma anche ottiche.

La figura di Medardo Rosso, l’artista che più di ogni altro seppe sfruttare le potenzialità della scultura in cera, è stata per Acciai fonte d’ispirazione per i primi lavori.
Alcuni elementi come la «ricerca del vero» come adesione al dato ottico e la scelta di rappresentare i soggetti attraverso il ritratto per descriverne le qualità psicologico-caratteriali , connotano una certa affinità con il Rosso. Li accomuna la tendenza a una visione dove oggettività e soggettività si compenetrano, senza nette barriere tra fisico e psichico. 

Possiamo averne sentore nelle False Maschere: in esse persiste il riferimento al dato concreto, ma la ricerca della realtà prende forma nella compenetrazione della figura con l’atmosfera e con la natura, attraverso una sorta di fusione.


Medardo Rosso affermava che «Niente è materiale nello spazio… noi non siamo che scherzi di luce» e come le sue immagini avevano il fascino di improvvise e fuggevoli apparizioni dal modellato, anche le superfici delle sculture di Acciai sembrano a prima vista lasciate allo stato di abbozzo, rivelandosi soltanto da determinati punti di vista.
«Quello che importa in arte – secondo il Rosso – è far dimenticare la materia», trascenderla. Ed infatti, lo scopo di Acciai, è di riuscire a fermare anche l’espressione più fuggevole.
Questi volti, in cera e legno, sono circondati da una moltitudine di rami dipinti e palesano tre diversi stati d’animo: soddisfazione/felicità, nervosismo/rabbia e tristezza/preoccupazione. Le maschere alludono al fatto che ogni essere umano, nel proprio vivere quotidiano, si muove dietro volti non reali, indossando maschere, appunto, che ne preservano e nascondono non tanto l’identità quanto le emozioni.
Il fatto che i volti non siano ben definiti, ma appaiano quasi avvolti da una massa informe che in alcune zone ne interrompe anche le linee del viso, è funzionale a ribadire la falsità delle espressioni umane. Non solo, non creandone né un dato oggettivo, né una rappresentazione soggettiva, Accai ci mostra come le maschere provengano da quel luogo profondo da dove nascono le nostre emozioni e pulsioni, e dove soggetto e oggetto non sono ancora intellettualmente separati e distinti, ma formano un nucleo magmatico, una sintesi originaria.

Inoltre i lavori sono elevati ad un’ altezza superiore rispetto all’uomo per far sì che lo spettatore, osservando l’opera, alzi lo sguardo. Questa disposizione è frutto della convinzione dell’artista che ogni uomo possa affrontare la falsità di queste emozioni a testa alta e senza nessun timore.
Anche i rami, pur essendo dipinti, non sono “impiegati”: il legno è pertanto trasformato nella resa cromatica ma lasciato materia, quasi strappato alla natura affinché si integri con la cera nella creazione dell’opera.
Emerge una grande consapevolezza linguistica dei mezzi espressivi attraverso i quali l’artista mostra plasticamente gli aspetti conflittuali della materia. La cera permette – infatti – non solo di apportare varie correzioni in corso d’opera ma, se lasciata esposta, è soggetta a innumerevoli trasformazioni. Proprio la scelta di accettare possibili modificazioni della materia, fa sì che le sue sculture sembrino in bilico sul nulla, quasi fossero apparizioni. Letteralmente esposte alla contingenza.
E proprio la contingenza, il possibile, ciò che può accedere è un ulteriore elemento costitutivo del suo percorso artistico. E’ l’essere in potenza della cera ad ispirare l’artista e guidarlo nella realizzazione di questo percorso espositivo. La consapevolezza che il reale sia solo un caso particolare del possibile.

L’evento restituitoci dal video ci introduce non solo all’elemento della contingenza, dell’accadere, e del divenire ma anche al tema del movimento.
Ne emerge il desiderio di riuscire a catturare il movimento dell’acqua e portarlo in Scultura. Un movimento che è continuo ed infinito nel suo trascorrere nella natura.
Dopo averla ammorbidita scaldandola in un recipiente, la cera – per sua natura insolubile – si solidifica nel momento stesso in cui tocca l’acqua.
In questo modo l’artista riesce a solidificare proprio l’istante del movimento che vuole catturare.
Il reale lo abbiamo sempre davanti, come l’acqua, vi siamo immersi, ma c’è bisogno della tecnica per vedere ciò che è sempre stato sotto i nostri occhi e di cui i nostri occhi hanno sempre fatto parte. L’artista diventa così parte della vita e del suo movimento spontaneo e autogenerativo.

Proprio per questo Acciai accetta l’accidentalità: il libero accadere effettivamente passa davanti alla macchina da presa. Nel video, la realtà rappresentata non è compiuta, ma è in fase di compimento nell’atto stesso della rappresentazione. Egli crea durante lo svolgimento dell’atto creativo e vi prende parte: il set è come la vita. L’opera non è conclusa, ma in fieri mentre viene ripresa. E’ una presa d’atto dell’accadere, un abbandonarsi all’evento, un’esporsi ad una situazione contingente.. Una passività che, tuttavia, non è antinomica rispetto ad un orientamento intenzionale, non è una controindicazione rispetto allo scopo prefisso, perché l’artista crea con e per mezzo della natura, o meglio, è la natura stessa a creare per mezzo dell’intenzionalità e del gesto dell’artista.
Bloccando l’istante, Acciai blocca una delle tante forme dell’acqua, attraverso la cera. Una volta estratta, essa ha infatti catturato uno tra i suoi tanti movimenti. Di colpo e d’improvviso l’acqua si presenta sotto forma dell’inafferrabilità, come insieme di microeventi e come ciò che non si rappresenta, ma accade. Il video è qui inteso come strumento d’archiviazione dell’accadere. A sua volta la cera disciolta, che ha in sé infinite possibilità di formalizzazione, nel momento in cui entra a contatto con l’acqua, ne assume una sola, diventando essa stessa opera d’arte.

Il passo successivo di questo percorso è nei pannelli, laddove questi istanti di movimento, sono fissati e presentati.
L’autopresentazione della materia non ha però nulla a che vedere con il mentalismo del readymade, con la de-creazione dell’artisitico, perchè viene sottoposta a un calcolato processo di ri-creazione.

Che altro è l’opera d’arte se non il fissare in una forma la materia, lo scegliere una tra tutte le forme possibili che la materia può assumere? Perché, anche nella contingenza, si tratta sempre di una scelta, di un’intenzione.
Lontano da un’operazione di mero prelevamento, è piuttosto come se l’opera si desse e si sottraesse nello stesso tempo, attraverso le possibilità intrinseche della materia.

Acciai fa della materia una presenza: nei pannelli essa non retrocede a supporto ma si offre alla visione. La cera è presentata, non abbandonata; l’ostensione integrale fa della materia stessa un evento, aiutandoci così a recuperare lo stupore e la verità del reale, dell’evento, dell’acqua. L’immagine che ne abbiamo risulta fissata ma, allo stesso tempo, ancora in movimento.

Allo stesso modo le sculture Movimento rosso e Movimento marrone devono essere osservate prima nella loro interezza e poi avvicinandosi lentamente all’opera. Osservandole, si esprime l’autore, “si può vedere quel frastagliamento di masse che si alzano e si abbassano, come l’acqua che si infrange su elementi che la interrompono e grazie al suo movimento riesce a creare forme tutte diverse e spettacolari nel loro insieme”.
Lo spessore, i cromatismi, le asperità non sono mai dati una volta per tutte, ma sempre revocabili, giacché la cera si trasforma.

Il movimento fisico delle sculture nello spazio manifesta il tentativo di rappresentare la vita nel suo intrinseco dinamismo, insieme all’inaggirabilità dell’accadere. Il materico diventa spazio e, in questa antitesi, le sculture appaiono come modulazioni ritmiche.

La fotografia è infine l’esposizione radicale dell’evento, con essa si chiude il cerchio del rapporto dell’artsita con la cera. Integrandola nell’uso di differenti strumenti espressivi, egli conserva quella libertà di scelta e di trasformazione della materia, pur nel processo di formazione.

Credo che in questo sia la più alta espressione di Acciai, l’accogliere il reale e il suo trasformarsi, l’estrema libertà della potenza.

Sabato 2 Novembre 2013 ore 17

Inaugurazione Mostra

Francesco Acciai

“ACCIAI E CERA, binomio di Arte II”

Presentazione critica dott.sa Laura Capuozzo

Dal 2 al 15 Novembre 2013

Orario galleria: 10,00 – 12,00 e 16,00 – 19,00

chiuso il lunedì

Pubblicato da lauracapuozzo

Curatrice e critica d'arte - ricercatrice culturale e docente Il mio lavoro e la mia ricerca si concentrano sulle relazioni tra diverse forme artistiche contemporanee e i loro rapporti con le tecnologie emergenti, dall’impatto dei media digitali sull’attività artistica alle arti "biotech".