LAURA CAPUOZZO

PAOLA DE GREGORIO E FIRENZE: INTERVISTA ALL’ARTISTA

Nel mese di Marzo la Società delle Belle Arti il Circolo degli Artisti “Casa di Dante” (www.circoloartisticasadante.com) ha ospitato la Mostra della scultrice romana Paola De Gregorio. L’attenzione della sua poetica al dialogo con la tradizione classica reinterpretata attraverso un linguaggio artistico particolarmente attento alla realtà contemporanea, ha reso interessante e feconda la conversazione con l’artista, condotta sotto forma di intervista nel corso dell’esposizione e introdotta dalla Presidente della Società Graziella Marchini.

 

Graziella Marchini: Le tue linee hanno una modernità straordinaria, ma al primo sguardo le tue sculture sembrano antichissime. Come Circolo degli Artisti con alle spalle secoli di storia, ci interessa capire come l’arte contemporanea fa tesoro del passato nel presente, qual è dunque la visione contemporanea che hai dell’arte, ovvero, come coniughi nella tua arte tradizione e modernità?

Paola De Gregorio : Io vivo pienamente la vita di oggi, con tutte le sue problematiche e innovazioni, ma nel mio dna e nella mia cultura c’è l’arte  classica. Mentre all’inizio del mio percorso queste due vie venivano separate, quella dello studio e quello della vita, successivamente ho trovato questa forma diretta di espressione che mi ha permesso di essere attuale e di quello che provato in quel momento ma con i mezzi che ho conosciuto dal punto di vista culturale.

G. M.: Sei quindi in contatto col presente mentre operi, per quanto riguarda invece l’arte contemporanea in generale, pensiamo ad esempio alla ricerca da parte da molti artisti attuali della novità e dello shock; a te invece non interessa stupire ad ogni costo ma dare al contrario  dei messaggi di spiritualità…

P. D. G.: Vero, a me non interessa stupire, perchè stupire è sempre qualcosa di artificiale, costruito, lontano dal vero…

Laura Capuozzo: La sua scultura, oltre a non avere una costruzione centrale ma narrativa e sequenziale, è arricchita dalla parola scritta e dalla simbologia. A questo proposito, quanto è importante per lei e in che modo riesce a dialogare con il pubblico? Quanto conta per lei “farsi capire” dallo  spettatore?

P. D. G.:Dunque, questa simbologia non è voluta, ma è il mio personale linguaggio, come in un qualsiasi dialogo….E’ nella nostra natura usare simboli, archetipi e parole già usate…Io cerco di esprimermi e in genere ho notato di avere un riscontro nel pubblico…ma l’unico messaggio intenzionale che voglio dare è quello che bisogna sempre credere nel dialogo, e nella bellezza nella vita anche nelle situazioni più difficili.

L. C.: Ha detto che “l’arte non si apprende ma si sente”, come necessità interiore. Ha però anche sottolineato la necessità di apprendere una certa razionalità nella figurazione, parlando, ad esempio, dell’importanza della conoscenza fisiologica in quanto essa è funzionale alla rappresentazione delle emozioni. Nel suo percorso c’è stato un momento in cui ha sentito che l’istintualità nella rappresentazione fosse in qualche modo frenata da questa esigenza razionale? O, al contrario,  c’è stato un momento in cui ha capito che per fare un passo avanti e per esprimersi al meglio dovesse in qualche modo dovesse legare la rappresentazione a degli schemi razionali?

P. D. G.: Non lo sento come dovere… ho realizzato anche dei lavori quasi astratti in gioventù, ma pian piano mi sono accorta che non volevo rinunciare a rappresentare la bellezza della nostra fisiologia.

E quindi, preferisco partire dalla realtà umana, che mi colpisce più di quella del mondo esterno e studiarne i particolari, i rapporti con l’ambiente, le caratteristiche….

L. C.: Parlando dei sentimenti e della loro rappresentazione, la sensualità è una caratteristica che interessa sia le figure femminili sacre – pensiamo a Maria, umanizzata nella sua essenza di donna e di madre – che quelle profane – come traspare ad esempio dall’opera “Car kiss”.Le sue donne sono quindi sempre in bilico tra la dimensione sacrale e quella carnale, come lei stessa l’ha definita, come coniuga nelle sue sculture questa ambivalenza?

P. D. G.: Dunque, più che di ambivalenza penso si tratti di totalità, la donna è entrambe . Come nella condizione di maternità c’è anche una componente sensuale e fisica nell’ unione col bambino; allo stesso modo, nell’unione col partner, può esserci un sentimento di protezione e spiritualità; per cui questi due aspetti coesistono nella donna in tutti i momenti della vita.

L. C.: Abbiamo parlato dei sentimenti filtrati attraverso le espressioni del volto e quindi della sua ricerca e attenzione nello studio della fisionomia. Nelle sue opere c’è però anche un’attenzione alla gestualità: se osserviamo le figure, ad esempio, concentrandoci non sul loro volto e sullo sguardo ma solo sulle loro mani, sentiamo che, attraverso i gesti, ci trasmettono le stesse emozioni che irradiano dai loro volti… Come ci riesce?

P. D. G.: Tutto il corpo è sollecitato dalla stessa forma interiore per cui lo stesso spirito che anima il volto, passa nelle loro mani, che differiscono da persona a persona. Non a caso una parte della psicoanalisi si concentra sulla chitoterapia e chitoanalisi e, attraverso lo studio delle mani, riesce a studiare il carattere della persona. Allo stesso modo, anche il gesto esprime un sentimento e un modo di porsi verso la vita. A volte prediligo alcuni gesti perché rappresentano degli archetipi, sono emblematici di qualcosa, ma conservando sempre nella rappresentazione la loro naturalità…

L. C.: Ha descritto i bassorilievi come sintesi di scultura e disegno, sottolineando la ricerca della volumetria in minimi spessori e la resa del chiaroscuro pittorico attraverso le luci e le ombre che investono i peani, cosa resta di questa sintesi e del disegno nelle sculture a tuttotondo?

P. D. G.: La mia visione è, semplificando, quasi in bianco e nero, e questo mi permette di rendere i toni attraverso la scultura…Riuscire a dare il senso della profondità con un minimo spessore, come ha notato anche Timothy Verdon nel ritratto di Manzù , la cui tavola è in aggetto di soli 3mm, si raggiunge attraverso la tecnica… Il disegno unisce le masse nei tuttotondi; allo stesso modo, nei disegni, riesco a rappresentare il peso e il volume dei corpi, semplicemente variando la pressione e l’intensità del segno, che non è mai uniforme.

Dunque, è proprio con la sensibilità del tratto che cerco di dare il senso della corporeità e dell’azione alle mie figure…

L. C.: Ed è proprio ciò che rende reali, anche nella loro stilizzazione, i soggetti delle sue opere.

IMG_7536

 

Pubblicato da lauracapuozzo

Curatrice e critica d'arte - ricercatrice culturale e docente Il mio lavoro e la mia ricerca si concentrano sulle relazioni tra diverse forme artistiche contemporanee e i loro rapporti con le tecnologie emergenti, dall’impatto dei media digitali sull’attività artistica alle arti "biotech".